Il tema dei controlli AML/CTF rispetto alle monete virtuali è sempre stato caratterizzato da una forte dicotomia tra i due concetti, poiché, per natura, queste ultime vengono generate in forma anonima tramite la risoluzione di stringhe di codice i cui “pezzi” originano da fonti differenti in un sistema blockchain.
È evidente quindi la difficoltà di oggi per i Payment Service Provider, come ad esempio gli istituti bancari, nel riuscire a rintracciare i nominativi degli attori in gioco in una transazione attraverso criptovalute secondo quanto stabilito finora dalle normative per i controlli antiriciclaggio e antiterrorismo.
Il tema dei controlli AML/CTF rispetto alle monete virtuali è sempre stato caratterizzato da una forte dicotomia tra i due concetti, poiché, per natura, queste ultime vengono generate in forma anonima tramite la risoluzione di stringhe di codice i cui “pezzi” originano da fonti differenti in un sistema blockchain.
È evidente quindi la difficoltà di oggi per i Payment Service Provider, come ad esempio gli istituti bancari, nel riuscire a rintracciare i nominativi degli attori in gioco in una transazione attraverso criptovalute secondo quanto stabilito finora dalle normative per i controlli antiriciclaggio e antiterrorismo. La più recente V Direttiva europea antiriciclaggio è tuttavia il primo passo verso la trasformazione di questa dicotomia in un binomio, nella speranza che soluzioni tecnologiche sempre più “intelligenti” e normative serie riescano a rendere controllabili le transazioni effettuate con criptovalute.
Innanzitutto la normativa prevede serie sanzioni, per la prima volta, anche per gli enti di cambio tra le valute “normali” e quelle virtuali e per le società che offrono servizi di portafoglio digitale. In particolare vengono incaricati gli specifici organi nazionali di controllo per identificare metodi e iter per reperire informazioni sufficienti ad associare le transazioni in criptovalute a delle persone fisiche, non a indirizzi IP o codici di altro tipo.
L’Italia è uno dei Paesi più all’avanguardia in questo. Uno dei metodi pensati per associare persone fisiche e transazioni in criptovalute è quello dell’obbligatorietà di un’autodichiarazione delle parti che ammettono di essere coinvolte in movimentazioni di questo tipo prima che queste avvengano.
È chiaro che questo è un tipo di sistema che può essere oggi facilmente aggirato, basti pensare che per eseguire una transazione in criptovalute i due attori possono anche non usufruire dei servizi dei Payment Service Provider o dei gestori di portafogli digitali; ma questa soluzione resta comunque un passo in avanti.
Inoltre, l’UIF in Italia si è messa in moto per sensibilizzare i soggetti cui si rivolge la V Direttiva europea verso l’individuazione di comportamenti tipici messi in atto da attori che sfruttano le criptovalute per finanziamenti illeciti o riciclaggio. Si tratta di veri e propri profili comportamentali per l’individuazione di possibili terroristi. Tra i comportamenti segnalati, per esempio, figura la ricarica di carte prepagate, bonifici e continui versamenti di contanti per l’acquisto di criptovalute.
Anche il GAFI è entrato in azione secondo quanto stabilito dalla V Direttiva europea e, nel mese di giugno 2019, ha pubblicato una “Guida basata sull’approccio sul rischio per l’utilizzo delle valute virtuali e per prestatori di servizi di asset virtuali”, in cui suggerisce ai fornitori di servizi di asset virtuali di compilare un’anagrafica dei soggetti coinvolti nelle transazioni, oltre all’ipotesi di prevedere una licenza e un albo specifici obbligatori per chiunque svolga attività di trading con criptovalute. Il GAFI stabilisce anche l’obbligo di controlli su transazioni superiori ai 1000,00 euro in criptovalute.
Sul mercato è possibile trovare infatti provider di liste online di nominativi di soggetti coinvolti nella produzione, diffusione o utilizzo di criptovalute, il cui screening può essere effettuato in pochi secondi attraverso software appositamente realizzati.
Queste soluzioni software consentono di incrociare i e controlli con più liste, per tutelare non più e non solo le banche e le assicurazioni, ma anche coloro che si occupano di convertire le valute in criptovalute o offrono servizi di portafoglio digitale.